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Nel 2011, in seguito ad una fervida collaborazione con lo studio di Progettazione Del Vaglio di Firenze, crea 20 opere per villa ad Asciano, ed i suoi Lavori sono stati pubblicati sulla copertina della rinomata rivista AD e nel Libro” Sintesi di Due Anime “edito dalla casa editrice Vianello, autori Riccardo Bianchi e Nicoletta del Buono, con fotografie di Giorgio Baroni, , dedicato all’accurato restauro di un casale il cui progetto architettonico è stato curato da Pietro Del Vaglio.Nella Prefazione IL direttore di Ad Arch Ettore Mocchetti scrive:.....”un’armonia generale composta di mille diversi particolari, quali i dipinti assolutamente contemporanei di Simone Chiorri, un artista da seguire”

 

 

“…A suggellare l’unicità di ciascuna stanza, è un’opera di Simone Chiorri, giovane artista Umbro che qui svela le tante anime di un talento, il suo, per molti versi ancora da scoprire. C’è l’Astratto Informale, l’Arte Concreta,c’è una neofigurazione post-Transavanguardia, tanto rarefatta da far pensare alle ieratiche figure del Romanico,ci sono il collage e il décollage:non sono infatuazioni momentanee trasferite sulla tela,ogni ispirazione è presente nelle altre come in un inconscio procedere tra ragione ed emozione,è un latente controcanto della dominante estetica:”

Riccardo Bianchi ,Nicoletta del Buono.

 

Fra gli eventi fiorentini della Notte del Contemporaneo di sabato 11 giugno 2011, segnaliamo il debutto nella event-room Lumen di Via San Niccolò 47r di Simone Chiorri, un artista metropolitano perugino, con un passato da graffitaro, che inaugura la sua prima personale dalle 19 alle 24 a Firenze.

“Amo la pittura astratta, ma recentemente mi sono appassionato anche al figurativo. Ovviamente realizzato alla mia maniera dice Simone Chiorri -. Fino a poco tempo fa, quando dipingevo delle figure, mi fermavo al busto. Andare oltre non mi veniva e quindi non ne vedevo la necessità. Invece negli ultimi è scattato qualcosa nel mio immaginario e il mio autoritratto, che ho posto alla fine della event-room Lumen, come per sancire la fine di un percorso (e l’inizio di uno nuovo) c’è una figura intera che mi piace e mi rappresenta a pieno”.

Fra le opere in mostra aleggia lo spirito di Jean-Michel Basquiat, non solo perché sull’opera ciclabile, sulla bicicletta appesa a metà galleria, spicca la dedica di Chiorri all’artista newyorkese.

“Basquiat è uno dei miei punti di riferimento - spiega Simone -. Mi ha sempre colpito la sua attitudine creativa e un po’ della sua magia espressiva, della sua poesia furente, è inevitabile faccia in qualche modo capolino fra le mie opere. E’ una sorta di personalissimo omaggio che mi sento di tributare a questo fantastico artista, alla sua attitudine esplosa alla corte di Andy Warhol (un altro vivido punto di riferimento per la mia arte), che lo volle nella sua Factory”.

In effetti anche Simone Chiorri, classe ’76, come Basquiat ha iniziato come graffitaro, ma da quando aveva 20 anni, è passato dai muri di cemento spruzzati con le bombolette spray alle pareti immacolate di case importanti e ora esprime il suo talento decorativo e poetico con grande urgenza creativa e un fervore che guida i pennelli e le materie (colori sfumati, vecchie tavole, finestre, pannelli di plexiglass) alla scoperta di se stesso. Le dieci opere in mostra a Firenze (di medio e grande formato realizzate a tecnica mista fra acrilici, carboncino, smalti) sono una nuova e intrigante deriva di un percorso istintivo e affascinante, nato da un artista che, per protesta e per esprimersi, dipingeva gli spazi attrezzati di Perugia ascoltando rap e world music.

Azzeccato anche il titolo di questa prima personale di Chiorri: “Venire Alla Luce” è infatti anche un po’ imparare a splendere, un proposito che questo interessante artista autodidatta ha tutte le intenzioni di mettere a frutto. Da segnalare in questo, la perfetta sintonia fra l’artista e il luogo che ospita la sua mostra, l’event-room Lumen, una ex carrozzeria che è rinata come spazio dove si progetta la luce. Azzeccatissimo il rapporto fra opere in mostra e illuminazione, che percorre tutto lo spazio, facendo brillare di intensità i quadri, come perle incastonate nella materia. 

 

di

 Giovanni Ballerini

 

 

Se bordone e bisaccia erano compagni di viaggio e insegne del pellegrino medievale, BMX e New Balance sono i segni distintivi di Simone Chiorri che nella event-room Lumen di Firenze veste, fino al 28 giugno prossimo, i panni del viandante sui sentieri dell’autocoscienza, presentando la sua ultima fatica: “Venire alla Luce”.

Posti al centro del percorso espositivo, come vero e proprio elemento di snodo tra un prima e un dopo, bicicletta e scarpe da ginnastica - entrambe istoriate dagli interventi dell’artista - ci ricordano che ogni racconto ha sempre un’origine dalla quale non si può prescindere. Il cammino che porta a “Venire alla Luce” parte, infatti, dai muri di cemento imbrattati con la vernice spray, dall’ambiente underground dei graffitari, permeato di cultura hip hop, dalle rime taglienti della musica rap e dalla world music. Un’origine mai rinnegata ma celebrata proprio attraverso questi due elementi che, come spiega lo stesso Chiorri, –sono importanti in questa mostra perché mi hanno sempre accompagnato ovunque. Sono le uniche cose che non lascio mai. Quelle più personali–.

Ma dal 2001, anno dell’esordio presso un centro multiculturale e sportivo di Mugnano (PG), suo paese natale, Simone Chiorri si è evoluto intraprendendo un lungo percorso artistico che dai muri urbani l’ha portato sulle pareti delle abitazioni di collezionisti e amanti dell’arte contemporanea. –Dai graffiti – spiega in merito l’artista - sono passato all’elaborazione grafica, lavorando sulla mia foto o su quelle di persone che conoscevo, come amici e parenti. Da questo momento ho voluto parlare di me stesso, giungendo a mettermi quasi a nudo in questa mostra.Un desiderio di conoscersi e farsi conoscere che si concretizza in una vero e proprio viaggio di scoperta, articolato nelle 10 tappe che compongono la narrazione di “Venire alla Luce”. Dieci lavori di vario formato, realizzati con colori acrilici, smalti e carboncino, in cui l’artista decostruisce la propria immagine per donarle una nuova “vita” all’insegna di una maggior consapevolezza degli elementi più profondi dell’essere. Inizialmente rappresentata come “Inscatolata” – come recita il titolo del lavoro di apertura –, in posizione fetale, capovolta, l’immagine dell’artista appare come prigioniera in un sacco gestazionale, velata dalla nebulosità dell’incerto e del dubbio. Un dubbio che si spezza nel grido interiore e liberatorio di “Urlo” che porta con sé anche cose che forse non dovrebbero essere dette ma che gli permettono di incrinare la nebbia- crisalide che avvolge il suo pensiero iniziando a far lentamente emergere la figura dell’uomo nella sua interezza.

Via via che il racconto pittorico si sviluppa, i colori virano dal lattiginoso all’acceso, i contorni delle figure si fanno meno rarefatti, fino ad arrivare all’autoritratto che apre la seconda parte della mostra, quella della consapevolezza, appunto. L’immagine non è più confusa ma solida, netta, completa. Dal semplice sapere che egli è, l’artista ormai è giunto a sapere “chi” è. E’ questo il momento per una riflessione corale sui passi compiuti (“Evoluzione”) che culmina nell’epifania finale di “Io”, grande tela che chiude la mostra in cui l’immagine dell’uomo si muove libera in un ambiente reale.

Tappa fondamentale di questo cammino: l’incontro con l’altro, che si compie in “X-Y”. E’ nel confronto con l’altro, infatti, che l’artista, e noi con lui, riconosciamo la nostra esistenza di individui, in un continuo equilibrio tra fusione e separazione che è tipico del cosiddetto processo di individuazione junghiano, secondo cui l’Io, senza gli altri, non può svilupparsi.Con “Venire alla Luce”, Chiorri si lascia alle spalle i colori stridenti e la rappresentazione ibrida, robotizzata e deformata che avevano caratterizzato i lavori precedenti – in particolare quelli della serie OGM (2010), basata sull’elaborazione grafica delle immagini – per entrare in una dimensione più intima e quasi catartica in cui la figura torna protagonista assieme al suo vissuto che, grazie, ad un tessuto narrativo solido, scardina in confini del privato per accompagnarci in un cammino condiviso alla scoperta dei misteri dell’identità.

 

Nicola Maggi

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