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"Archetipo Primitivo"

 

Percorsi nella materia, incursioni nel colore, ramificate espressioni che pretendono risposte. Attraversamenti, questi di Simone Chiorri, tra geometrie possibili, radenti indagini in un cielo privato, capacità di far parlare, se non addirittura cantare, tutte le vibrazioni legate a universi paralleli. Il reale, ossia la realtà dell’artista, non è nella figurazione o nell’astrazione ma nell’impadronirsi del suo peso come uomo, proprio alla maniera d’una religione perduta e riconquistata. Tutto  attraverso diagrammi di energie, di strutture, di campi di forze, sottili schemi cristallini, quasi ermetismo senza parole, senza note, comunque in un pentagramma di chiarità solare. Quando si possiedono forza e autorità sufficienti, lo sguardo si estende verso orizzonti di ricerca ampi, dilatati, mai compressi. Così l’autore di queste pagine autorevoli,protagonista di una trama elaborata, sofisticata addirittura, raggiunge nell’attuale suo percorso il brivido della sintesi assoluta, lecita solo a chi ha compreso, assimilato atti, gesti, intuizioni, scoperte. Dal totem meccanico, dal groviglio di tensioni lacerate e laceranti, Chiorri prosegue un itinerario dalle mille suggestioni formali come un artefice del Medioevo segreto, un alchimista che possieda la chiave del tempo. Parlare di acquisizione della pittura pare riduttivo e semplicistico, però qui si arriva al punto zero, dato che si riavvia una cadenza estetica. Non a caso la base, la piattaforma, il fondale diventano una autentica fusione, un crogiolo pulsante di acrilici e stucchi ben temperati, accordi bachiani, fulgenti armonie barocche e dissonanze alla Arvo Part. Nitida razionalità sovrintende il tessuto compositivo, campiture e segni di grafite, zone aggallanti e aree di pensiero allo stato puro: dinamismi, movenze stemperate in un’architettura mai retorica, perché razionalità e istinto (nell’accezione più nobile del termine) si equivalgono e diventano schermo e progresso intellettuale. Più non si riesce, adesso, a creare immagini diverse del mondo che non siano numeri e concetti non visibili, anche se Simone mai rinuncia a innestare la ruota dentata di un universo meccanico, cenni nascosti di una riposta lirica mentale, di rapporti umani che non vogliono decifrazioni. Sono lì, il suo progetto e il suo disegno, stesi sulla superficie dell’opera a testimoniare il proprio presente, lanciare un simbolo verso il futuro in continuo rinnovarsi. Sono tavole o forse frammenti di una sorta di archetipo primitivo, il punto centrale da cui tutto ha origine. Chiorri indugia e indaga su questo. La scala per accedere, è evidente, gli è ben nota.

 

Mimmo Coletti 

giornalista la nazione

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